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Et voilà, le tour c’est moi

Segnatevi la data ed incidetela nel caveau della memoria, 27/07/2014, ventisette luglio duemilaquattrodici.
Il trionfo di un italiano, sedici anni dopo Marco Pantani, al Tour de France, ha un nome e cognome ben preciso: Vincenzo Nibali.

E perdonatemi, se scrivo più col cuore che con la ragione, ma da messinese, Vincenzo, anzi Enzo, come lo chiamano suo padre Salvatore, sua madre Giovanna e tutti gli amici intimi, mi ha emozionato.
Vedere un messinese, che ancor minorenne è dovuto andare in Toscana, a Mastromarco, per formarsi sotto il profilo sportivo ed umano e raccogliere l’encomio del Tour de France, dopo 13 anni da quel primo viaggio, ci deve rendere tutti fieri.

Ed attenzione, non mi accodo al partito del riscatto italiano, grazie alle prodezze di Vincenzo Nibali.
Non divento follower di questo accorato andazzo perché la vittoria di Enzo è solo sua e del suo entourage.

E’ figlia di poche parole e tanti fatti.
E’ sorella delle scalate sui Colli San Rizzo da piccolo, che poi si sono trasformati in un giorno di luglio nella leggenda del trionfo sui Pirenei.
E’ cugina del cuore tenero e del romanticismo imperante che solo certi siciliani possono avere, quello che ha fatto esclamare al padre di Enzo: “L’unica concessione che si è presa Enzo in questi anni sono stati gli arancini ed i cannoli, di cui va pazzo”. Se questa non è poesia, poco ci manca.
E’ padre e madre della sofferenza che ha provato da ragazzo, mentre gli altri, con sostanze illecite vincevano, e lui, doveva fare buon viso a cattivo gioco, sapendo di essere più forte, come poi dimostrato.

E’ epica e narrazione, come solo le grandi storie sportive possono raccontare e tramandare.

Enzo ha stracciato tutti, azzannando gli avversari, per dare aurea al suo soprannome, “Squalo dello Stretto” e dimostrare a tutti, caduti compresi, che lui era il più forte, lui è il più forte.

Enzo è l’umiltà fatta persona, ma è anche un controcorrente, uno schizzo di pioggia in una giornata di sole.

Alcuni lo hanno definito come “un non personaggio”, “mediocre dal punto di vista comunicativo”, non capendo che lui parla prima con i pedali e poi con il cuore e quello è il suo messaggio principale, quello che resta scolpito nella storia dello sport italiano.

Per inciso, è un messinese anomalo.
Un’anomalia straordinaria, di cui essere fieri, da concittadini e connazionali, che però presuppone una domanda.
Perché certi campioni che nascono in una città, per fiorire, devono consacrarsi in un’altra città?
La risposta è la carenza di infrastrutture e logiche di sponsor che in Sicilia latitano.

Nessuno ha voluto investire su questo Campione e lui si è preso il Sogno, fregandosene degli ostacoli, grazie alla sua testardaggine e ad una tempra fuori dal comune.

Grazie Enzo Nibali, perchè il tuo esempio potrà servire a tanti giovani che potranno non solo (in)seguire le tue orme, ma anche trovare quegli stimoli per raggiungere degli obiettivi in apparenza difficili, ma nella sostanza ottenibili.

Ognuno è artefice del proprio destino, questo è l’insegnamento di Vincenzo Nibali da Messina.

Capitolo Azzurri: da chi ripartire?

La Nazionale è rientrata ieri in Italia.
Nessun pomodoro a Malpensa (c’è crisi..), nè critiche esasperate, ad eccezione di qualche prevedibile solone digitale.

Tra due giorni, tutto o quasi, sarà dimenticato dalla maggioranza degli italiani: l’altro ieri inferociti, ieri delusi, oggi già ammainati, domani affaccendati nel ridiventare costituzionalisti, filosofi, moralizzatori, ma soprattutto tuttologi.

E mentre scrivo da un frecciarossa, faccio finta di essere uno dei 60 milioni di potenziali Commissari Tecnici, delineando, dal mio punto di vista, da chi dovrebbe ripartire la Nazionale azzurra.

Scriviamolo subito, sapendo bene di andare controcorrente: basta, Buffon.
È giunta l’ora di avviare un processo coraggioso e decisionale aprendo, di fatto, un nuovo ciclo che neanche la disfatta in Sud Africa ha consentito di fare.

Tra gli errori di Prandelli, c’è stato quello di essere troppo buonista e talora sin troppo democristiano nelle scelte.

Per gestire uno spogliatoio, non si deve guardare in faccia nessuno e procedere secondo le proprie intuizioni ed il proprio credo tecnico-tattico.

Fuori Buffon perché non abbiamo bisogno di capetti che si sostituiscano al generale ed alle spalle di Gigi nazionale, abbiamo Sirigu che per età e tecnica, oggi, non è inferiore al numero uno juventino.

Dobbiamo mirare ai prossimi Europei ed ai Mondiali nel 2018 e la prima pietra miliare è il portiere.
Ne abbiamo una sfilza a cui dare una chance e non penso solo al giovane Perin o al giovanissimo Scuffet.

In difesa, una chance ulteriore la merita Darmian, tra i più positivi al Mondiale, e, a patto di una costanza di rendimento derivante dalla continuità match-by-match, un’opportunità la merita Andrea Ranocchia.
L’asse Chiellini-Barzagli è da confermare perché ad oggi non intravedo centrali di prospettiva migliori.
Su Bonucci farei una riflessione a parte, poiché senza un leader accanto, il ragazzo difetta di personalità.

Su De Sciglio, a patto che anch’egli cresca, è giusto puntare, come anche ridare una chance a Santon, in mancanza di talenti puri sulle due fasce, non sarebbe un azzardo.

A centrocampo, cuore nevralgico di ogni squadra, l’unico “senatore” che confermerei è De Rossi, inserendo subito il polivalente Florenzi, consegnando le chiavi del gioco a Marco Verratti.

Su Pirlo, unico top player azzurro, per via dell’età non è lecito costruire un progetto quadriennale.
Dentro anche il talentuoso Saponara, a patto che dimostri in A quello che ha fatto vedere due anni fa in Serie B ad Empoli ed un occhio particolare a Cristante, giovane del Milan, a mio modo di intendere il calcio un predestinato, un talento purissimo sulla mediana.
Fossi Inzaghi, darei subito un’opportunità al ragazzo di mettersi in mostra in maglia rossonera.

Anche Aquilani della Fiorentina, se trova la continuità che gli è sempre mancata, è certamente da Nazionale.
Marchisio, Candreva e Poli per qualità tecnico-tattiche sono pane prezioso per il futuro CT, quindi da confermare ed inserire (Poli) immediatamente.

In attacco, Mario Balotelli dovrà riconquistare dapprima la fiducia del nuovo CT ed in parallelo quella dei compagni di squadra.
Non lo inserirei come inamovibile, ma sarebbe assurdo disperdere il suo patrimonio, a patto che dimostri ciò che ancora non ha fatto.

Ciro Immobile, 23 anni e maglia del Borussia dalla stagione 2014/2015, dovrebbe essere un altro attaccante da far rientrare nel roster azzurro, ma il “9” a cui affidare futuri sogni di gloria non può che essere il Grande Escluso di Brasile 2014: Pepito Rossi.

El Shaarawy è un altro attaccante che non si può non tenere in considerazione per età e potenziale tecnico, così come Insigne e Cerci che vedrei benissimo in un 3-4-3 o anche 4-3-1-2.

E Cassano?
Ovviamente, no.
Ha fallito, ha 32 anni, lo aspetta un po’ di gloria a Genova, ma non ha mai dimostrato di essere decisivo.
In Russia, nel Mondiale 2018, ne avrebbe tra l’altro 36, di anni…
Pensione dorata, quella di Fantantonio.

Un talento grezzo, con il goal nel sangue, è Mattia Destro.
Il bomber della Roma se non sarà falcidiato dagli infortuni che hanno contraddistinto parte della sua carriera, sarà un’altra punta da inserire in un contesto più offensivo e meno conservatore.

Motivo per il quale, se dovessi scegliere il prossimo CT azzurro, sarei propenso ad optare per Roberto Mancini, anche se credo arriverà Massimiliano Allegri, che gode di molta stima nell’ambiente azzurro.

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Un disastro che viene da lontano

Come in Sud Africa per il risultato sportivo.
Peggio che in Sud Africa per le aspettative iniziali.

Da una Nazionale reduce da un brillante secondo posto agli Europei ed una buona Confederation Cup, difatti, era lecito e congruo aspettarsi molto, ma molto di più.

Siamo usciti nel girone eliminatorio, perdendo contro Costa Rica ed Uruguay (due nazioni che per numero di abitanti non superano la Lombardia, come ha ricordato, stamane, il Direttore della Gazzetta dello Sport, Andrea Monti), ma soprattutto, non dando mai la sensazione di esserci con le gambe e con la testa.

Le statistiche, esemplificano in maniera corretta la disfatta azzurra: quattro tiri in porta in tre partite, di cui due goal contro l’Inghilterra nell’unica partita vinta del girone.

Un fallimento totale.

Nel “Day After” si è soliti trovare un alibi o fare autocritica.
Tra le due, la seconda sarebbe oggettivamente preferibile.

Bene, i nostri giocatori più rappresentativi, hanno deciso di buttare la croce della disfatta verso il più mediatico, controverso, enigmatico, Mario Balotelli.

Lo scrivente, non lo ha mai difeso sin dai tempi in cui militava nell’Inter per l’atteggiamento insolente e strafottente sul campo da gioco (non mi interessa e non ci dovrebbe interessare cosa combina fuori dal rettangolo verde) che si è chiaramente visto in tutte le squadre in cui ha militato successivamente.
Un certo Jose Mourinho nel 2009 affermava riguardo Mario Balotelli: “Vedrete che fra 5 anni ci staremo ancora chiedendo quando crescerà Balotelli”.

Punto, pelota.

Orbene, fuori dalla profezia mourinhana, mi sembra però fuori luogo incolpare il colored italiano, come hanno fatto trapelare compagni ed allenatore, solo perché non ha segnato il goal della potenziale svolta contro la Costa Rica o perché ieri non ha segnato nei soli 45 minuti a disposizione che gli ha concesso Prandelli.

Balotelli ha siglato il 50% dei goal realizzati dall’Italia in questo Mondiale.
Solo uno? Certo: su due però…
Vi chiedo: se non arrivava una palla che fosse una in area di rigore e la circolazione della stessa palla era di una lentezza esasperante, quasi da amichevole estiva, l’imputato Mario, cos’altro avrebbe potuto fare?
Lottare? Non lo ha fatto?
Non credo, onestamente. Quello che aveva in corpo, lo ha dato.
Il problema, semmai, è all’origine.
Che Balotelli sia un fuoriclasse lo hanno scritto solo i giornali, invogliati da qualche stravaganza dello stesso numero 9 o 45, se preferite.

Balotelli è un attaccante, ma non un grande attaccante.
Balotelli è un buon giocatore, ma non un campione.
Men che meno un fuoriclasse, di cui oggi, nel calcio mondiale, ne conto meno di dieci sulle dita.

Terminato il capitolo Balotelli e comprendendo che non è lui la chiave principale dei nostri problemi, andiamo alla sostanza della disamina per comprendere insieme come questa Italia è stata mal progettata.

Senza anima. Una squadra senza anima.

Negli sport di squadra, c’è una regola non scritta per vincere: una squadra deve essere un corpo unico.
A questa Italia è mancata la peculiarità imprescindibile per compiere qualsiasi impresa.
I nostri sembravano degli Schettino allo sbaraglio, navigavano nel mare della loro mediocrità tecnico-tattica.
Perché se è vero che il CT Prandelli ha le colpe principali di questo disastro, è altrettanto vero che la qualità media dei nostri giocatori, forse mai, come oggi, è stata così bassa.
Pensate ai terzini? Ci si è presentati ad un Mondiale con Abate, De Sciglio e Darmian (che tra l’altro è stato l’unico nelle tre partita ad aver mantenuto una qualità di rendimento accettabile).
Il nostro punto di forza della vigilia, il centrocampo, è stato rivoltato nelle tre partite come una camicia sgualcita da stirare.
Chiedo: perché non si è proseguito con l’asse che aveva demolito il centrocampo inglese, anche nelle restanti due partite?
E poi, abbiamo sviluppato negli ultimi anni una chiara identità di gioco, perché snaturarla nel momento decisivo?
Il Mondiale lo abbiamo perso contro la Costa Rica (nessun dubbio), ma anche ieri dovevamo fare molto di più.

Prandelli si è dimesso, da apprezzare perché in Italia non lo fa nessuno a fronte di risultati ancor più negativi e con lui il Presidente Abete.

Il fatto che lo abbiano fatto entrambi, nello stesso momento, stride, per via di congetture facilmente identificabili, ma tant’è.

La verità è che il problema vero non sono neanche le dimissioni del nostro tecnico, ma rivoluzionare o se preferite rottamare, tutto il sistema calcio, dalla federazione incapace di creare una classe dirigente all’altezza, alla Lega, sino all’ordinamento dei nostri stessi campionati, oggi non più competitivi.

Se non faremo ciò, troveremo sempre l’alibi che una volta si chiamerà Moreno, l’altra il morso di Suarez e l’altra ancora il caldo atroce.
I perdenti cercano gli alibi e se continueremo su quest’andazzo, non torneremo a vincere per molti anni: questo è chiaro.

Iniziamo, invece, un percorso di lungimiranza che possa permettere al Calcio italiano di ritrovare gli antichi splendori.
Un tempo, neanche troppo lontano, dettavamo legge in Europa e nel mondo: oggi ci ritroviamo ad annaspare e perdere contro una Costa Rica qualsiasi.

Siamo questi, accettiamolo con crudezza, ma per favore, iniziamo un progetto reale di rottamazione a trecentosessanta gradi.
Riformiamo il nostro calcio, ma facciamolo subito: ad andare sempre più verso il baratro si fa presto, a ricostruire serve molto più tempo e soprattutto, sono necessarie idee illuminanti.

Facciamolo anche per Ciro Esposito, morto nella notte in modo incredibile, solo per essere andato a Roma ad assistere alla partita della sua squadra del cuore. Una tragedia immane che dovrebbe far riflettere chi di dovere.
E mi riferisco allo Stato, non solo ai vertici del Calcio.

Twitter Football Team (#WorldCup)

Due giorni ai Mondiali e sale, inesorabilmente, l’adrenalina.
Si partirà giovedì 12 giugno con la cerimonia d’inaugurazione e la partita d’esordio: Brasile vs. Croazia.
Sul microblogging più famoso del pianeta (Twitter) è stato selezionato il tag #WorldCup che sarà l’hashtag ufficiale che indirizzerà in forma di commento social le gesta dei protagonisti.
La Nazionale Italiana ha aperto da tempo un account https://twitter.com/Vivo_Azzurro ed ha inserito nella propria bio il tag ufficiale #VivoAzzurro.
Per creare engagement con i follower, la strategia social è stata quella di utilizzare una serie di stratagemmi virali (es. #AskAzzurri con un calciatore che risponde alle domande dei follower) finalizzati a migliorare la brand awareness e, soprattutto, a fidelizzare la community azzurra in vista del Mondiale in arrivo, stimolando, al contempo, senso di appartenenza.

Sarà dunque interessante, sempre sotto il profilo dei social media, riscontrare il sentiment che si genererà nel corso della rassegna e le conversazioni digitali che scaturiranno second by second.
Una volta analizzate, sarà ancor più stimolante valutare le metriche per comprendere se gli obiettivi iniziali saranno stati raggiunti.

Da aggiungere, inoltre, in termini sempre di analisi, come il Mondiale sia una fortissima leva push per migliaia di aziende che hanno attivato concorsi a premi, instant win e call to action, finalizzati a generare un lead attraverso lo stesso Mondiale.

Per quanto concerne gli utenti italiani, dagli analytics studiati, non si ha ancora un tag ufficiale, posto che #Brasile2014 è stato quello maggiormente spinto in rete in termini di sharing.

In questa lista, potrete trovare tutti i giocatori presenti al Mondiale, con le rispettive nazionali, presenti su Twitter, con tutti i loro tweet in presa diretta: https://twitter.com/TwitterSports/lists/fifa-wc-2014-players

Ci sono, ovviamente, anche i nostri Azzurri.

Qui, invece, la lista completa di tutte le squadre partecipanti con il proprio account ufficiale: https://twitter.com/TwitterSports/wc-2014-team-accts/members

In ultimo, vi lascio con il riepilogo dei calciatori più seguiti, in assoluto, dai propri fans: https://twitter.com/TwitterSports/fifa-wc-2014-players/members e con il video ufficiale, prodotto da Twitter, sempre in vista della Coppa del Mondo: https://amp.twimg.com/v/6584689f-e37e-438e-8e91-30263bdc7341

Sarà un grande Mondiale, tutto da vivere!

Competere per innovare: l’idea dei pitch governativi

Matteo Renzi, da più di due anni, ripete che l’Italia ha tutte le carte in regola per diventare il motore dell’Europa e per far ciò, vuol farla diventare “la più bella startup del mondo”.

C’è poi chi dice, e sono tanti, che la politica non sa ascoltare i cittadini e che, soprattutto, è brutta, poiché autoreferenziale.

Questi stessi, affermano, che così facendo, si va ad alimentare il sentimento dell’antipolitica, definizione a mio modo non corretta, poiché esistono due tipi di politica: la buona politica e la cattiva politica.

L’antipolitica si sviluppa nella cattiva politica: non è, di conseguenza, definizione aprioristicamente categorizzante.

Durante il #matteorisponde odierno, quindi, in cui il Premier Renzi rispondeva su twitter su più spunti generati dai follower, mi è venuta una idea che ho anche scritto sul microblogging: perché non li coinvolgiamo davvero questi cittadini su temi strategici, dando vita ad una vera e propria democrazia digitale, attraverso degli elevator pitch governativi?

Lo so, forse è una cosa su cui non siamo ancora pronti, ma Renzi non dice sempre che bisogna avere coraggio?

Ed il coraggio lo hanno i pionieri.

Anche in questo, dunque, Matteo Renzi potrebbe diventare un anticipatore.

Come sviluppare tutto ciò?

Creiamo un contest nazionale, dove, sul modello dei citati elevator pitch, ogni cittadino, dapprima inviando un text message con la sua idea innovativa, ad una giuria selezionata dal Governo stesso, potrà elencare, in cinque minuti, cosa fare per l’Italia del Futuro.

Ripensandoci a freddo e scrivendo questo post, ho capito che potrebbe essere uno strumento formidabile per creare contest a temi.

Un pitch per il turismo, uno per l’innovazione e lo sviluppo digitale, un altro ancora per l’annoso problema delle infrastrutture, e così via.

Lungi da me dare consigli a Renzi ed al suo staff, ma creare una piattaforma social oriented dove attraverso il sito ufficiale di Palazzo Chigi dare la possibilità ai cittadini di dire la loro idea innovativa per l’Italia del Futuro, potrebbe suscitare enorme interesse anche al di fuori dei confini nazionali.

Una giuria selezionata da Palazzo Chigi avrebbe il compito di misurare in forma preventiva l’efficacia dell’idea e le migliori 10 idee per macrotemi, avrebbero la possibilità di incontrarsi a Roma, per competere l’un con l’altra, all’interno del pitch organizzato dal Governo.

Da qui, potrebbero uscire spunti strategici per risolvere annosi problemi, con il conforto della mediazione della politica tradizionale, o meglio, post tradizionale.

Sono sicuro che l’Italia è composta da menti brillanti, spesso inascoltate: così facendo, tutti, ma proprio tutti, avrebbero la possibilità di esporre la propria idea di Italia del Futuro secondo un tema specifico.

Perché non provarci?


Lo definivano pazzo, ha inventato Foursquare.


Altro esempio di pitch vincente.

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